ANCONA - Casa Accoglienza Dilva Baroni, insieme ai partner di progetto Avulss e HETA aps, all'interno del progetto "Accoglienza, ascolto e supporto psicologico" ha organizzato un percorso di formazione gratuito sul tema della "Gestione dello stress". È un progetto finanziato dalla Regione Marche grazie al bando per le associazioni di volontariato 2019.
Tutti coloro che, come voi, hanno esperienza di volontariato con malati, persone bisognose e le sostengono, sono consapevoli che spesso non è un compito facile. Per questo abbiamo pensato a questo percorso formativo, che si svolgerà on linee in tre incontri: Giovedì 13 Maggio - Giovedì 27 Maggio - Giovedì 10 Giugno. Scegliere una sola fascia oraria: dalle 15 alle 17 oppure dalle 17.30 alle 19.30
Per iscrivervi é necessario rispondere ad alcune domande compilando il modulo cliccando su questo link: https://forms.gle/gYAygp5wz36GmaiPA
All'inizio del modulo, troverete tutte le spiegazioni necessarie per la compilazione
Temi degli incontri:
- PRONTO? - Chi mal comincia... Il primo contatto
Ciascun inizio è determinante nell’ambito delle relazioni d’aiuto e pone il volontario di fronte alla necessità di rispondere alla domanda che gli viene rivolta e alla questione del sentirsi pronto. Laddove se per il volontario si tratta di accogliere, per la persona che cerca sostegno e aiuto, la domanda e un’apertura ci sono già.
- TROPPO VICINO, TROPPO LONTANO - La “giusta” distanza
Imparzialità e passione, coinvolgimento e lucidità. In tutti gli ambiti dell’interazione umana si tratta di cercare un punto di mezzo tra due poli; la clinica non fa eccezione e, tra una vicinanza empatica ma a volte rischiosa e una lontananza freddamente operativa ma per questo improduttiva, si tratta, forse, proprio di saper stabilire una “giusta” distanza. Che permetta alla persona bisognosa di affidarsi ma non essere schiacciata dalle aspettative del volontario.
- DALLA VITA NON SI ESCE VIVI - Dall’inizio della fine al fine dell’inizio
Spesso si fa coincidere il ruolo del volontario con l’esigenza di risultati migliorativi in tutti gli aspetti della vita della persona seguita. Ma la cronicità e la terminalità obbligano a una visione diversa, che tuteli dalla sensazione di impotenza che può cogliere chi sia coinvolto nella relazione d’aiuto e che non veda solo nella cosiddetta “guarigione” il senso della propria presenza e del proprio lavoro.