TOLENTINO – Una platea nutrita e attenta. Interventi mirati e di qualità. Un pomeriggio di confronto e riflessioni. Successo, lo scorso 2 dicembre all’Abbadia di Fiastra di Tolentino, per il focus group sul futuro delle aree interne. L’incontro, ultimo di quattro appuntamenti curati da Arci Macerata nell’ambito del progetto promosso e sostenuto dal Csv Marche Ets “C’entro. Insieme per le terre del sisma”, ha visto un’ampia partecipazione. Segnale che l’attenzione nei confronti dei territori colpiti dal terremoto del 2016 è ancora alta.
Ad aprire l’iniziativa l’intervento del presidente del Csv Marche Ets, Simone Bucchi, presente insieme al presidente della Delegazione provinciale di Macerata, Paolo Gobbi. “Dopo la fase emergenziale – ha esordito Bucchi –, avevamo ben chiaro che, in quei territori, sarebbe arrivato il momento di attivarsi anche per ricostruire i legami sociali e il fatto di essere qui così numerosi ci fa capire che non siamo soli a guardare al futuro. Il ruolo del Csv è quello di accompagnare tutte le realtà di terzo settore in questo futuro possibile, un futuro fatto di infrastrutture, scuole, sanità e lavoro, elementi sui quali noi abbiamo meno potere di incidere. Il potere che abbiamo è di stimolare tutte le realtà del Terzo settore a essere presenti in questo processo di sviluppo”. “Il terremoto – ha proseguito Bucchi – ha fatto esplodere il fenomeno dello spopolamento delle aree interne e ci ha mostrato come questi territori, non solo marchigiani, potrebbero diventare nel prossimo futuro. Ogni nostro intervento dovrà, perciò, essere attuato in considerazione di tale contesto, in intensa sinergia e con la sincera volontà che ci consentiranno di proseguire le nostre attività e che, al contempo, ci richiamano alle nostre responsabilità”.
L’evento del 2 dicembre è stato organizzato in collaborazione con la Fondazione Carima, con la Fondazione Giustiniani Bandini e con l’Università di Macerata. “Ci stiamo mettendo in rete con molte altre realtà della regione in un lavoro innovativo di ascolto e di dialogo, per provare a inventare insieme delle soluzioni a beneficio del territorio tutto”, ha spiegato il rettore di UniMc, John McCourt. “Rischiamo – ha aggiunto – di costruire o ricostruire strutture e di non avere più persone a frequentarle. Perciò, dobbiamo costruire un futuro diverso che si baserà sulla nostra capacità di immaginare nuove soluzioni di grande flessibilità. Dobbiamo impiegare tutto quello che ci può dare l’intelligenza artificiale, ma sempre con una mano umana a gestirla. Con soluzioni nuove, dobbiamo cercare di ripopolare borghi che in troppi casi sono abbandonati o rischiano l’abbandono”.
Fulcro del focus group il ruolo delle nuove tecnologie per il rilancio dell'entroterra. A entrare nel merito della questione sono stati Marco Mazzanti, direttore scientifico della Struttura internazionale di ricerca sull’intelligenza artificiale in Cardiologia, e Fabio Miraglia, amministratore delegato del Gruppo Giomi Next. Il primo ha parlato della funzione che ospedali virtuali e cure a domicilio potrebbero svolgere per contribuire allo sviluppo delle aree interne del cratere. Il secondo ha presentato il modello del Civitas Benefit “San Terenzio” di Vallefoglia, nel Pesarese, esempio di smart community che coniuga benessere, tecnologia e sostenibilità.
A chiudere gli interventi, coordinati dalla prorettrice vicaria di UniMc, Catia Giaconi, il commissario straordinario alla Ricostruzione, Guido Castelli, che in video collegamento ha sottolineato il ruolo centrale del Terzo settore nella ricostruzione del tessuto sociale delle aree interne. “Abbiamo elaborato – ha detto Castelli – la strategia "NextAppennino" che si basa sull’idea che, in un momento in cui la crisi demografica morde in maniera molto significativa, l’Appennino si potrà salvare solo se saprà agganciare la contemporaneità e far tesoro di quelle direttrici di sviluppo che possono essere l’antidoto all’isolamento geografico”. “Da questo punto di vista – ha proseguito il commissario straordinario –, l’innovazione è forse una delle più grandi alleate del rilancio delle aree appenniniche, perché consente di contrastare l’isolamento geografico, a patto di creare un ecosistema che dia indicazioni perseguibili anche nel resto delle aree interne del nostro Paese”.