ROMA - Sul terreno delle modalità con cui le pubbliche amministrazioni assolvono a uno dei loro compiti essenziali – quello di fornire servizi sociali adeguati e uniformi – da alcuni anni si stanno susseguendo importanti novità.
L’approvazione del codice del Terzo settore ha dato infatti un forte impulso a riconsiderare le forme di erogazione dei servizi sociali, dopo un periodo in cui la lettura che di questi era prevalsa li considerava come prestazioni da acquistare su un mercato.
In questa nuova ottica, la nota sentenza della Corte costituzionale n. 131 del 2020 ha riconosciuto la portata del codice affermando che l’art. 55, norma cardine sui rapporti tra il Terzo settore e gli enti pubblici, rappresenta «una delle più significative attuazioni del principio di sussidiarietà orizzontale valorizzato dall’art. 118, quarto comma, Cost.».
A distanza di pochi mesi dalla pubblicazione della sentenza sono poi sopraggiunte poche, ma incisive, modifiche al codice dei contratti pubblici, nel segno della riduzione dell’ambito di applicazione di questo e del correlato espresso riconoscimento di uno spazio disciplinato dal codice del Terzo settore.
Nel marzo del 2021, con decreto ministeriale, sono state adottate le linee guida sul rapporto tra pubbliche amministrazioni ed enti del Terzo settore, finalizzate a supportare gli enti pubblici nell’attuazione delle disposizioni a tal fine dettate dal codice del Terzo settore.
La novità più recente sul tema è rappresentata dal parere del 3 maggio 2022, n. 802, che qui si commenta, reso dal Consiglio di Stato, su richiesta dell’Autorità nazionale anticorruzione – ANAC, sullo schema di linee guida contenenti indicazioni in materia di affidamenti di servizi sociali.
In realtà, l’organo di consulenza amministrativa ha sospeso la pronuncia del parere, avendo chiesto all’ANAC alcuni approfondimenti istruttori. Tuttavia, leggendo le considerazioni che portano a tale esito formalmente interlocutorio, si comprende agevolmente che questa pronuncia è molto importante per almeno due motivi.
In primo luogo, il Consiglio di Stato conferma il nuovo quadro di riferimento dei servizi sociali, all’esito delle modifiche del 2020 al codice dei contratti e delle coordinate interpretative offerte dalla Corte costituzionale.
Il codice dei contratti, infatti, si applica ai servizi sociali se questi non sono organizzati ai sensi degli artt. 55 e 56 del codice del Terzo settore o mediante forme di autorizzazione o accreditamento previste dalle disposizioni regionali in materia.
Inoltre, riportando le parole della sentenza n. 131 del 2020, il Consiglio di Stato riconosce che questa «dissipa» anche il dubbio che lo stesso giudice amministrativo aveva prospettato nel precedente parere n. 2052 del 2018: se, cioè, le modalità di affidamento dei servizi sociali previste dal codice del Terzo settore fossero compatibili con il diritto dell’Unione europea e, pertanto, con il codice dei contratti.
Sviluppando il ragionamento, e alla luce della convergenza delle novità provenienti dal legislatore e dalla Corte costituzionale, il Consiglio di Stato afferma dunque che la «linea evolutiva della disciplina degli affidamenti dei servizi sociali […] sembra ormai chiaramente orientata nella direzione del riconoscimento di ampi spazi» sottratti alla disciplina nel sistema della concorrenza e del mercato (punto 10.1).
L’importanza di questa indicazione di prospettiva, ora autorevolmente avallata, consiste anche nell’influenza che potrà esercitare sulla interpretazione che lo stesso Consiglio di Stato darà non appena avrà occasione di pronunciarsi, nell’esercizio delle funzioni giurisdizionali, sulla disciplina applicabile alle concrete fattispecie oggetto di un giudizio.
Per inciso, a conferma della evidenziata linea evolutiva, nel disegno di legge “concorrenza” da poco approvato dal Senato e attualmente all’esame della Camera è prevista una delega al governo in materia di servizi pubblici locali, che dovrà attuarla rispettando, tra gli altri, il principio della razionalizzazione del rapporto tra la disciplina dei servizi pubblici locali e quella per l’affidamento dei rapporti negoziali di partenariato regolati dal codice del Terzo settore, in conformità agli indirizzi della giurisprudenza costituzionale.
Il secondo motivo che rende significativo il parere in esame, per quanto sospeso, si collega proprio alle ragioni per le quali il Consiglio di Stato ha invitato l’ANAC a riconsiderare il contenuto dello schema predisposto.
In sostanza, non sarebbe né opportuno né effettivamente utile aggiungere una regolamentazione, quale quella elaborata dall’ANAC, in una materia «già ampiamente e dettagliatamente disciplinata» dai due codici in precedenza richiamati, dalla legge quadro sui servizi sociali, dalle linee guida ministeriali, nonché dalle normative di settore di volta in volta pertinenti.
Si tratta di un rilievo che, insieme ad altre considerazioni svolte nel parere, certamente incide sul ruolo dell’ANAC quale attore nel complesso sistema della regolazione degli affidamenti dei servizi sociali.
Ma, sotto un altro profilo, non si può escludere che, rispondendo in questo modo alla richiesta proveniente dall’ANAC, il Consiglio di Stato stia offrendo una chiave di lettura del parere per tutte le amministrazioni pubbliche titolari di competenze in materia di servizi sociali e, perché no, per gli enti del Terzo settore.
Entrambe queste categorie di “destinatari indiretti” potrebbero cogliere nel parere in questione un invito a dare attuazione alla normativa esistente che, per quanto complessa, non necessita di un’ulteriore fonte interpretativa.
La chiarezza della linea evolutiva ormai tracciata dal legislatore in coerenza con la giurisprudenza costituzionale richiederebbe allora di ricollocare gli affidamenti dei servizi sociali dall’ambito del codice dei contratti a quello del codice del Terzo settore.
Ciò presuppone uno sforzo innovativo da parte degli operatori, sia dal lato delle amministrazioni, sia da quello degli enti del Terzo settore, e una maggiore e più convinta propensione a sperimentare, nelle scelte concrete, le potenzialità della co-programmazione e della co-progettazione, ossia degli specifici modelli di condivisione della funzione pubblica individuati dal codice del Terzo settore.
*Di Pasquale Principato