MILANO - I Centri di servizio per il volontariato sono 49 in Italia e animano quotidianamente da Nord a Sud, isole comprese, circa 300 “punti di servizio”. Il loro compito è accogliere la voglia di volontariato degli italiani, orientandoli e supportando il loro slancio altruista. Proprio dal loro osservatorio privilegiato, quindi, questi preziosi enti possono inquadrare e dar senso al presunto calo di volontari registrato da ISTAT nella sua ultima rilevazione.
Interpellati dalla nostra redazione, gli operatori dei CSV però non sembrano avere un parere concorde in merito alla “crisi” del volontariato. I loro percepiti “sul campo” sembrano variare comprensibilmente su base geografica e, invece cosa più curiosa, se il proprio territorio è stato o meno coinvolto da grandi eventi, sia di tipo organizzato o sempre più spesso a carattere catastrofico/ambientale. Entrambe le “ragioni per attivarsi” sembrano, di fatto, il miglior propellente per tenere l’asticella della partecipazione fissa sul segno più.
È questo il caso di CSV Bergamo. Marzia Canini, operatrice dell’Area Cittadini e Volontari, ci conferma che il calo non è stato percepito “tanto che nel nostro bilancio sociale le cifre sono invariate. Oltretutto che nel 2023 Bergamo e Brescia sono state capitali italiane della Cultura. Anzi abbiamo registrato un’impennata di richieste per attivarsi come volontari”. Medesima opinione la raccogliamo da Laura Mosca, coordinatrice equipe tecnico-gestionale CSV Marche: “Soprattutto il volontariato episodico da noi è stato attirato dalle diverse emergenze che purtroppo hanno colpito la regione, tra terremoto e alluvione. Insomma, siamo rimasti stupiti dai numeri ISTAT, così negativamente alti. Di contro però poi abbiamo pensato quando fu somministrato il loro questionario e abbiamo capito che era il post pandemia, quando i servizi alla persona, come case di riposo, centri per disabilità, ospedali, erano sì stati riattivati, ma con regole molto stringenti. Di certo questo è reale: chi non è riuscito a movimentare in quei tragici mesi i volontari, li ha un po’ persi”.
Altresì il CSV Marche propone una lettura diversa rispetto a numeri Istat che non possono essere presi in maniera assoluta. A confermarlo, ci raccontano, è l’attività sul campo: “Non sempre gli enti registrano i volontari, non li contano quindi tutti. Soprattutto quelli occasionali scivolano fuori dalla matematica. Su questo tema, spesso, percepiamo ancora un disorientamento quando facciamo notare che per motivi assicurativi deve essere tenuto un registro dei partecipanti alle attività. Se si imparasse a curare questa pratica di buona gestione, si consegnerebbero a Istat dati più puntuali”.
Mosca però aggiunge che la pandemia potrebbe aver inciso anche sul concetto di stabilità, amplificando la precarietà del presente e quindi lo slancio all’impegno stabile e continuativo. “Questo ce lo dicono tanto le associazioni. Le persone non hanno più lo slancio a impegnarsi in maniera stabile, anche se fosse quella sola volta al mese, proprio quel giorno preciso. E per chi ha un servizio da garantire è difficile gestire all’ultimo le defezioni. Ciò genera nelle associazioni della delusione. E in questo frame anche la riforma del Terzo settore e il lancio del RUNTS ha inciso negativamente “chiudendo associazioni di ultraottantenni schiacciati dalla burocrazia o micro associazioni legate a slanci personalistici, quindi privi di attrattività a lungo termine”.
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* di Francesco Bizzini