ANCONA - Un piccolo gruppo di volontarie in meno di due anni è riuscito ad attivare ben 194 corridoi umanitari, portando in Italia, in condizioni di sicurezza e legalità, ad ogni missione famiglie intere con bambini, oltre che individui singoli. E dopo l’atterraggio, la stessa associazione, in rete con altre realtà, ha curato il loro inserimento, si è organizzata per sistemarle in accoglienza familiare, casa per casa, e poi ha accompagnato i profughi nelle le più svariate pratiche legali di richiesta di protezione e supporto sanitario e ha dato il via a progetti sociali per la loro inclusione.
Un lavoro incredibile, tenace, imponente. Questa realtà, un’aps, si chiama Amad – Associazione Multietnica Antirazzista Donne e opera ad Ancona, la sua sede è incuneata nel quartiere a maggior percentuale migratoria della città. A ripercorrere per Vdossier il lavoro degli ultimi due anni, che ha salvato dalla persecuzione dei Talebani tante persone, è la presidente di Amad, Donatella Linguiti, da sempre attiva nel mondo del sociale, docente e già Sottosegretaria alle pari opportunità durante il secondo Governo Prodi.
La vicenda dei corridoi umanitari guidati da Amad inizia nel 2021 ed è andata avanti pienamente fino al cambio di esecutivo, entrato in carica a fine ottobre del 2022. Gli ultimi arrivi già organizzati sono di fine 2023. “Poi questa modalità di intervento si è arenata. Non c’è stata più la volontà di portarla avanti. Ora abbiamo sei persone afghane ferme in Iran, che avevano ricevuto il nullaosta d’ingresso dal precedente Governo ma che al momento non si vedono rilasciare il visto dall’Ambasciata italiana. Sono le uniche che ci sono rimaste bloccate, sui 200 casi seguiti, ognuno composto anche da nuclei familiari – spiega Linguiti – Ma la speranza di finalizzare il loro viaggio in noi è sempre vigile”.
Era l’agosto del 2021 quando tutto si è messo in moto. Dall’Afghanistan arrivavano notizie drammatiche, il Paese stava tornando in mano ai Talebani dopo il ritiro delle truppe Usa e per decine e decine di migliaia di cittadini che a quel regime si erano opposti, in tante forme, era il terrore. “Ci sono iniziate ad arrivare tantissime richieste di aiuto, donne e uomini, soprattutto della zona di Herat dove c’era il contingente italiano. Come Amad eravamo già in relazione con l’Afghanistan attraverso numerose persone che collaboravano con la nostra organizzazione”.
In quel clima ferragostano, l’aps si mette in contatto con l’associazione Un Ponte Per, già ben radicata in Medio Oriente e Asia Centrale. E quindi si confronta con la Fondazione Pangea, forte nelle relazioni col Ministero degli Esteri. Costatati obiettivi e idealità d’intenti, parte subito un’azione di rete. “Grazie al lavoro si squadra, siamo riusciti da attivare dei corridoi umanitari in una modalità senza costi per lo Stato – ricorda Linguiti – I primi casi sono stati quelli di parenti degli afghani che già conoscevamo in Italia”.
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*di Marco Benedettelli