ROMA - Il Decreto legge 83 del 2020, pubblicato in Gazzetta ufficiale il 30/07/2020, ha prorogato lo stato di emergenza fino al 15 ottobre 2020, ed ora ha avviato il suo percorso in Parlamento per la conversione in legge. L’obiettivo è quello di non abbassare la guardia e di continuare a far fronte all’emergenza epidemiologica da Covid-19 che, pur essendosi di molto attenuata, non può dirsi ancora risolta.
Il Decreto in questione rimanda ad un Dpcm di prossima emanazione, nell’attesa del quale si applica ancora il Dpcm 14 luglio 2020, il quale a sua volta rimanda al Dpcm 11 giugno 2020 (qui il relativo approfondimento).
Il Decreto legge 83 del 2020 contiene poi un allegato che reca un elenco di disposizioni legislative i cui termini, in scadenza al 31 luglio 2020, sono prorogati fino al 15 ottobre 2020; i termini previsti da disposizioni legislative diverse da quelle individuate nell’allegato 1 non sono invece prorogati e la loro scadenza rimane ferma al 31 luglio 2020.
Ecco le misure che maggiormente interessano gli enti non profit.
La possibilità di riunire gli organi sociali in videoconferenza
Una delle misure prorogate fino al 15 ottobre 2020 è l’art.73 del Decreto legge 18 del 2020 (cosiddetto “Cura Italia”): in particolare il comma 4 di tale articolo prevede la possibilità per le associazioni (riconosciute e non riconosciute), le fondazioni e le società (comprese le società cooperative ed i consorzi) di riunire gli organi sociali in videoconferenza, anche qualora tale modalità non sia espressamente contemplata nello statuto. La disposizione prevede che ciò debba avvenire nel rispetto di criteri di trasparenza e tracciabilità previamente fissati, predisponendo sistemi che consentano di identificare con certezza i partecipanti nonché di dare adeguata pubblicità alle sedute. Gli enti che invece hanno disciplinato nel proprio statuto tale modalità di riunione la potranno ovviamente utilizzare anche dopo il termine del 15 ottobre.
Tale proroga appare importante dato che sono molti ad oggi gli enti che non hanno approvato il bilancio a causa dell’emergenza sanitaria: ricordiamo che l’art.35, c.3-ter del Decreto “Cura Italia” ha posticipato il termine di approvazione del bilancio economico per tutti gli enti non profit fino al 31 ottobre 2020.
Pur non essendo contenuto nell’elenco di cui all’allegato 1 del Decreto legge 83 del 2020, il tenore letterale dell’art.106, c.7 del “Cura Italia” sembra prorogare fino al 15 ottobre anche l’applicazione delle disposizioni in esso contenute. Queste riguardano lo svolgimento delle assemblee delle società e la loro applicazione si estende anche alle associazioni e alle fondazioni ad esclusione di Odv, Aps ed Onlus, generando una disparità di trattamento ingiustificata all’interno degli enti non profit.
Per approfondire si rimanda alla lettura di “Riunioni non profit: cosa cambia dopo la conversione del Cura Italia".
Incompatibilità fra lo status di volontario e quello di persona retribuita
Non rientra fra le misure prorogate al 15 ottobre 2020 l’art.2-septies del Decreto “Cura Italia”, il quale prevedeva la sospensione durante il periodo emergenziale dell’art.17, c.5 del Codice del Terzo settore, il quale vieta ad una stessa persona di svolgere attività di volontariato e di intrattenere anche rapporti di lavoro (subordinato, autonomo o di altra natura) con lo stesso ente del Terzo settore.
Tale sospensione consentiva ai volontari di poter intrattenere anche rapporti di lavoro di qualsiasi tipo con l’ente del Terzo settore nel quale svolgono la propria attività, così come ai lavoratori di poter svolgere anche attività di volontariato nell’ente del Terzo settore presso cui lavorano.
Non rientrando tale disposizione fra quelle prorogate dal Decreto legge 83 del 2020, la sua efficacia deve considerarsi conclusa al 31 luglio 2020, applicandosi oggi nuovamente il divieto di cui all’art.17, c.5 del Codice del Terzo settore, in merito al quale il Ministero del Lavoro si è espresso di recente (qui il relativo approfondimento).
Prorogato lo smart working per i dipendenti del settore privato
Sono state prorogate le disposizioni di cui all’art.90 del Decreto legge 34 del 2020 (cosiddetto “Rilancio”) in materia di lavoro agile (“smart working”).
In particolare, i lavoratori dipendenti del settore privato che hanno almeno un figlio minore di anni 14 hanno diritto ad usufruire dello “smart working” fino al 14 settembre 2020, anche in assenza degli accordi individuali e comunque a condizione che tale modalità sia compatibile con le caratteristiche della prestazione lavorativa.
Il diritto allo “smart working” è invece riconosciuto fino al 15 ottobre 2020 ai lavoratori maggiormente esposti a rischio di contagio da virus Sars-Cov-2 in ragione dell’età o di condizioni di salute che possono caratterizzare una situazione di maggiore rischiosità, accertata dal medico competente, sempre a condizione che tale modalità sia compatibile con le caratteristiche della prestazione lavorativa.
Prorogata fino al 15 ottobre 2020 anche la possibilità per i datori di lavoro privati di applicare lo “smart working” ad ogni rapporto di lavoro subordinato, anche in assenza degli accordi individuali.
Prorogato infine fino al 15 ottobre 2020 anche l’art.39 del Decreto “Cura Italia”, che prevede il diritto per i lavoratori dipendenti disabili o immunodepressi, o che abbiano nel proprio nucleo familiare una persona con disabilità o immunodepressa, di svolgere la prestazione lavorativa in modalità agile (“smart working”), sempre che ciò sia compatibile con le caratteristiche della prestazione. Prorogata anche la disposizione che riconosce ai lavoratori del settore privato affetti da gravi e comprovate patologie con ridotta capacità lavorativa la priorità nell'accoglimento delle istanze di svolgimento delle prestazioni lavorative in modalità agile.
Utilizzo delle mascherine chirurgiche
È stato prorogato fino al 15 ottobre 2020 l’art.16 del Decreto “Cura Italia”, il quale prevede che i lavoratori che nello svolgimento della loro attività sono oggettivamente impossibilitati a mantenere la distanza interpersonale di un metro, possano utilizzare le mascherine chirurgiche reperibili in commercio, anche se prive del marchio CE e prodotte in deroga alle vigenti norme sull'immissione in commercio.
fonte: www.csvnet.it