ROMA - Dopo 6 anni dall’avvio della riforma del Terzo settore, è tempo di riflettere sul suo “stato di salute”, nonostante manchi ancora la certezza di un impianto fiscale in attesa dell’autorizzazione dell’Unione europea in merito. Le due giornate di formazione sulla fiscalità, con un focus sull’attuazione del registro unico nazionale del Terzo settore (Runts), organizzate da CSVnet a Roma lo scorso 21 e 22 settembre, sono state una delle occasioni per condividere alcuni ragionamenti sull’attuazione normativa insieme al direttore generale del Terzo Settore e della responsabilità sociale delle imprese del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali Alessandro Lombardi. Davanti a una platea composta da referenti delle aree di consulenza giuridica dei centri di servizio per il volontariato di tutta Italia, Lombardi ha risposto ad alcune domande poste da Daniele Erler e Francesco Aurisicchio dell’area di consulenza di CSVnet, che hanno spaziato dai temi fiscali, alle semplificazioni per gli enti di minore dimensione, fino alle modifiche alla piattaforma del Runts.
Qual è lo “stato di salute” attuale della Riforma del Terzo settore e della sua implementazione normativa? Visti i diversi passaggi compiuti, quali possono essere le tempistiche ragionevoli per l’entrata in vigore del nuovo regime fiscale?
Siamo in una fase avanzata in quanto il Runts è ormai pienamente operativo, ed ospita circa 115 mila enti, di cui più di 20 mila neoiscritti (vale a dire enti che prima non facevano parte del Terzo settore e che hanno deciso di entrarvi). All’interno di questi 115 mila enti, vi sono anche quelli provenienti dalla trasmigrazione: si è trattato di un processo enorme, che ha fortemente impegnato gli uffici del Runts. A fronte di poco meno di 92mila posizioni trasmigrate, più di 70 mila sono state consolidate nel Runts; rimangono pendenti le verifiche di circa 3.650 posizioni. Poco meno di 18 mila sono le posizioni che non sono entrate nel Runts. Ciò è dipeso da due fattori: innanzitutto, per almeno la metà dei casi si trattava di “doppioni”, di Aps, cioè contemporaneamente iscritte tanto al registro nazionale delle Aps quanto a quello regionale; nella maggior parte degli altri casi, la trasmigrazione ha portato in evidenza situazioni preesistenti di inoperatività di fatto degli enti.
Sbaglierebbe fortemente chi volesse assimilare tout court il dato del Runts con quello derivante dalla rilevazione Istat, sul non profit, che ci parla di più di 363mila organizzazioni non profit presenti in Italia. I due concetti di non profit e di Terzo settore non sono tra loro sovrapponibili, essendo il primo, di natura statistica, più ampio rispetto al secondo, di natura giuridica.
Al di là del dato numerico, pur importante, uno degli effetti indotti della riforma è l’assunzione di centralità del Terzo settore nel dibattito pubblico, soprattutto nella fase di scrittura delle leggi (si pensi, tra i tanti esempi, al nuovo codice dei contratti pubblici). In questo senso deve essere letto anche il tema della fiscalità, dove l’attenzione è altissima: su input del Vice Ministro del lavoro e delle politiche sociali è stato costituito presso il Mef un gruppo di studio, che è impegnato, tra l’altro, sulla finalizzazione dei documenti da presentare alla Commissione Ue nell’ambito del processo di autorizzazione delle disposizioni del Codice del Terzo settore e del d.lgs. n.112/2017, sull’impresa sociale, sottoposte a tale regime.
In questa fase, inoltre, si sta lavorando a due decreti attuativi del Codice: uno sui controlli sugli Ets e l’altro sul riconoscimento delle competenze acquisite nel volontariato. Quello dei controlli, è un passaggio davvero importante. Le reti associative nazionali e i centri di servizio per il volontariato (Csv) che ne facciano richiesta, infatti, potranno essere autorizzati dal Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali a svolgere attività di controllo nei confronti degli enti del Terzo settore. È un passaggio delicato, che porterà a una forte responsabilizzazione delle reti nazionali e dei Csv autorizzati a effettuare i controlli e, sul quale si valuterà la credibilità complessiva del sistema.
Sui territori si riscontrano diverse difficoltà da parte delle piccole organizzazioni, soprattutto quelle di volontariato, nel seguire gli adempimenti del Runts. Sappiamo che è in corso uno sforzo di semplificazione in questo senso, ma per le piccole organizzazioni è prevista una revisione normativa più importante?
Per rispondere a questa domanda, è importante fare una premessa: le norme non vanno lette singolarmente, ma è importante analizzarle come facenti parte di un sistema organico.
L’attuale sistema di registrazione è ontologicamente diverso rispetto ai precedenti, derivanti dalla legge 266/1991 e dalla legge 383/2000, i quali erano basati sulla concezione di un rapporto bilaterale tra l’ente e l’amministrazione che deteneva il registro. Il Runts ci chiama a una concezione diversa di queste disposizioni. Ora il rapporto non è più soltanto tra la P.A. e l’ente, ma involge, attraverso la libera accessibilità al Runts, la generalità dei cittadini, che sono in tal modo posti in condizione di conoscere cosa fa quell’ente, chi sono i suoi amministratori, come utilizza le risorse che ha a disposizione, ecc.
In tale prospettiva, nelle prossime settimane i dati del Runts, grazie all’incessante lavoro della Direzione generale per l’innovazione tecnologica del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, saranno resi visibili a tutti: anche questo sarà un passaggio che cambierà notevolmente la percezione del Terzo settore da parte dei cittadini, nell’auspicata direzione del consolidamento del rapporto fiduciaria tra le comunità di riferimento e gli Ets.
Su queste basi, allora, trovano la loro ragione giustificativa gli adempimenti riguardanti il deposito telematico nel Runts degli aggiornamenti di documenti e notizie, ai quali sono chiamati gli Ets.
In questa fase il carico è sembrato particolarmente pesante perché il cambiamento rispetto al passato è notevole e si è scontato l’effetto del primo ingresso nel Runts. A regime, la situazione sarà diversa perché gli aggiornamenti si faranno tendenzialmente una volta l’anno. Ai fini di una compiuta valutazione circa la sostenibilità degli oneri amministrativi, bisogna anche distinguere tra le difficoltà soggettive, tra cui ad esempio la ridotta dimestichezza dei singoli con gli strumenti informatici, da quelle oggettive. In ogni caso, il Vice Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali ha voluto avviare una riflessione, demandata ad un apposito gruppo di lavoro, sulle possibili soluzioni di semplificazione soprattutto per gli enti di piccole dimensioni, in particolare sul bilancio e gli aggiornamenti di dati e informazioni all’interno del Runts. Su tali riflessioni è stato acquisito il parere del Consiglio nazionale del Terzo settore. Alcune delle modifiche proposte richiederanno solo aggiornamenti evolutivi della piattaforma informatica, per altre bisognerà mettere mano al D.M. 106/2020, attuativo del Runts, altre ancora richiederanno un intervento legislativo.
I centri di servizio per il volontariato hanno un ruolo fondamentale per accompagnare gli enti, soprattutto quelli di piccola dimensione. Per quanto riguarda il Runts, quali potrebbero essere le agevolazioni per favorire il loro lavoro?
Siamo tutti consapevoli della rilevanza del ruolo dei CSV, sia per la loro prossimità territoriale agli enti, che per la capacità di intercettare gli enti di minori dimensioni, così come riconosciuto dal codice del Terzo settore. Questa centralità emerge chiaramente nel facilitare l’interfaccia col RUNTS. I CSV possono essere dei punti specializzati, sia per superare il “digital divide” di diversi dirigenti delle organizzazioni, o, più semplicemente per alleggerire gli oneri gestionali degli enti, sia per tutto il lavoro di informazione e sensibilizzazione sull’accesso alle misure di sostegno presenti sul territorio.
Nei mesi scorsi abbiamo avviato, in sinergia con i nostri partner istituzionali UunionCamere e Infocamere, un confronto con CSVnet e il Forum Nazionale del Terzo settore per trovare soluzioni per sgravare di alcuni oneri le diverse realtà del Terzo settore. Una soluzione su cui si è ragionato è quella della delega.
In questo senso, la delega si può configurare in due diversi modi. Nel primo caso, il legale rappresentante delega un diverso soggetto alla compilazione ed invio della pratica, ma la firma digitale della distinta rimane in capo al primo. La seconda possibilità è quella di una delega piena, in cui il delegato segue tutto il ciclo, compresa la firma digitale.
Entrambe le soluzioni prevedono alcune modifiche sia al D.M. n. 106/2020 sia alla piattaforma informatica.
Si tratta di uno strumento fondamentale per sgravare gli impegni degli enti ma è importante ricordare che è anche un delicato processo di responsabilizzazione nell’individuazione del soggetto delegato.
È possibile ipotizzare una modifica all’attuale sistema che preveda come unico strumento per operare nel Runts quello dello Spid o della Cie (Carta di identità elettronica), non rendendo più obbligatoria la firma digitale delle istanze, che ad oggi sta creando delle difficoltà agli enti?
Nel Dm 106 del 2020 il Runts è definito espressamente come un sistema in evoluzione, così come è stato per il registro delle imprese. La piattaforma è in continuo aggiornamento.
Il tema del superamento della firma digitale è stato già portato all’attenzione dell’ente gestore, in quanto per accedere al Runts all’utente sono richiesti necessariamente lo Spid o la Cie, che consentono l’identificazione certa della persona. È necessario considerare tutti gli aspetti tecnici nella loro complessità, ma si sta lavorando con impegno e costanza su questo tema.
** Le considerazioni espresse nella presente intervista sono frutto esclusivo del pensiero dell’intervistato e non hanno carattere in alcun modo impegnativo per l’Amministrazione di appartenenza.
*di Lara Esposito