ASCOLI PICENO - I tremendi eventi sismici che a più riprese hanno arrecato danni ingenti al patrimonio abitativo, economico ed artistico di una parte rilevante del Centro Italia si sono rilevati drammatici per la sopravvivenza delle aree interne e montane.
Bisogna peraltro riconoscere che questo territorio, già prima del verificarsi di questi eventi, era caratterizzato da una condizione di grave crisi e di marginalizzazione demografica ed economica.
Infatti nel corso del tempo si è verificato un fenomeno progressivo di scivolamento demografico e delle attività economiche verso le aree pianeggianti e, in maniera più dirompente, verso quelle costiere.
Questo fenomeno ha prodotto una duplice serie di conseguenze: da una parte l’abbandono progressivo e quindi la marginalizzazione delle aree interne e montane; dall’altra un’ eccesiva occupazione delle aree pianeggianti e costiere con effetti drammatici sulla sostenibilità ambientale di questi fenomeni.
Un riequilibrio dei processi insediativi appariva indispensabile e non più rinviabile per evitare un definitivo collasso territoriale.
Su questi fenomeni, già di per sé dirompenti, si sono abbattute le violenti e ripetute scosse sismiche che hanno determinato il definitivo collasso di un sistema già abbondantemente in una condizione di grave criticità.
Per delineare le modalità degli interventi effettuabili bisogna prioritariamente prendere atto delle differenti condizioni in cui versavano le aree interne maggiormente coinvolte nel dispiegarsi delle crisi sismiche per definirne le caratteristiche onde evitare che si riproducano situazioni simili a quelle preesistenti non permettendo , quindi, che si creino le condizioni per la rivitalizzazione dei territori, la valorizzazione sistemica delle risorse potenziali, un positiva spinta allo sviluppo demografico.
A tal riguardo appare opportuno evidenziare la differente condizione di ambiti territoriali e abitativi che pur a breve distanza presentano condizioni del tutto divaricate che richiedono modalità di interventi sostanzialmente differenti e potenziali probabilità di sviluppo completamente diverse.
Se, infatti, spostiamo il riflettore sulla parte ad ovest delle catene dei Monti della Laga e dei Sibillini scopriamo delle realtà che, per motivi anche orografici e probabilmente per una maggiore vicinanza alle aree più sviluppate del Tirreno e dell’ Umbria, presentavano un livello di sviluppo soddisfacente ed evidenziavano l’avvio di una fase di ulteriore positivo probabile passo in avanti. Si fa riferimento in particolare alle realtà di Amatrice e Norcia. Queste due città da una parte avevano una struttura urbana consolidata e definita capace di porsi come punto di riferimento per una vivace realtà propulsiva di attività, di impulso a nuove iniziative, di elemento attrattivo sia per le comunità più prossime domiciliate in una miriade di frazioni sia per un territorio più distante sino alla metropoli romana o al polo turistico culturale dell’ Umbria.
E’ molto probabile che, superato il momento drammatico della distruzione, dei crolli, delle ferite, le comunità riprenderanno forza per riavviare il cammino interrotto, addirittura con un’accentuazione del le potenzialità di sviluppo. E’probabile, inoltre, che proprio la presenza di una comunità urbana ben cosciente dell’importanza della conservazione della memoria storica dei luoghi al fine di evitare che si frappongano ostacoli allo sviluppo e quindi per non farlo ripartire da zero, porrà il massimo impegno per modalità di ricostruzione che consentano la conservazione di questa memoria, della immagine delle città distrutte, dei suoi monumenti significativi. Operando, insomma, come avvenne in Friuli nella ricostruzione di Venzone.
E’ evidente che la comunità nazionale dovrà porsi il problema di aiutare la ripartenza di queste zone drammaticamente toccate dagli eventi sismici. Oltre agli aiuti economici e finanziari si dovrà porre la massima attenzione per dotare questi territori di adeguate infrastrutture. Tra queste appare fondamentale la realizzazione del secolare collegamento ferroviario dei Due Mari, prevedendo, in un primo momento, almeno la costruzione della tratta da Ascoli Piceno ad Antrodoco, studiando eventualmente la possibilità dell’opzione del treno ad idrogeno.
Un fatto è certo le potenzialità di sviluppo per Amatrice e Norcia appaiono notevoli, specie se si opterà per una forma di sviluppo sistemico, volta alla valorizzazione di tutte le risorse e delle ricche testimonianza di civiltà che nobilitano il territorio, magari esperimentando per queste zone lo strumento innovativo dei Distretti delle Risorse e delle Testimonianze di Civiltà del Territorio, che mira alla loro valorizzazione sistemica nel rispetto di quattro principi e cioè della tutela attiva,del la conservazione, della fruizione responsabile e della generazione di nuova cultura per la società della conoscenza, della innovazione, della tolleranza.
Differente è la situazione che troviamo nelle aree situate ad est delle Catene Montuose dei Monti della Laga e dei Sibillini. Qui sono assenti centri strutturati come Amatrice e Norcia. Bisogna arrivare ad Ascoli, infatti, per trovare una realtà urbana capace di porsi come punto di riferimento importante. Nella zona montana, invece, e cioè in quella dove più violenta è stata l’intensità dei fenomeni sismici, sono presenti piccoli borghi che occupano, per lo più, zone scoscese, e comunque prive delle caratteristiche di centri urbani strutturati capaci di porsi come punti di riferimento, dotati di forza attrattiva.
E’ proprio questa caratteristica dei luoghi che ha determinato il loro progressivo spopolamento, l’abbandono delle attività economiche tradizionali, l’impoverimento progressivo.
Bisogna, peraltro, riconoscere che questa condizione di crisi rappresenta un fenomeno degli ultimi tempi. Infatti prima, pur diffuse sul territorio, queste realtà urbane apparivano vitali. Basti ricordare come Arquata del Tronto abbia a più riprese difesa la sua autonomia anche con mezzi violenti, lottando contro Ascoli e Norcia. Conferma la vitalità dei luoghi anche la ricchezza del patrimonio architettonico ed artistico. Se è vero, infatti, che nella zona di Amatrice sono presenti circa 100 chiese e pievi affrescate, il numero di edifici simili non è minore nel territorio di Arquata, Montegallo, Acquasanta, Roccafluvione , Mozzano e di altre località dell’area.
Evidentemente se è simile la presenza di queste testimonianze di civiltà, identica doveva essere il tessuto economico e demografico che aveva consentito la produzione di questi effetti.
Come accennato, la situazione attuale è del tutto differente. La mancanza di un centro punto di riferimento, le difficoltà prodotte dall’accidentata struttura orografica del territorio, la distanza dai centri vitali della capitale e dell’area turistico culturale dell ‘Umbria, la mancanza di un efficiente sistema infrastrutturale ed in particolare del collegamento ferroviario dei Due Mari, ha accentuato la situazione di crisi di queste aree, ha favorito il progressivo spopolamento e l’abbandono delle attività economiche tradizionali, la mancata cura e manutenzione del patrimonio architettonico ed artistico. Su questa realtà in crisi si è abbattuta la violenza delle scosse di terremoto, che ha praticamente distrutto sin dalle fondamenta gran parte delle costruzioni presenti nell’area.
Bisogna, a questo punto, tenere presente che parte della popolazione ancora residente nell’area sembra favorevole alla totale rimozione delle macerie, ad una ricostruzione immediata senza tener conto alcuno della memoria storica dei luoghi, insomma a ripartire da zero come se tutto quanto prima esistente non avesse alcun valore.
E’ evidente che una simile scelta comporterebbe la definitiva scomparsa di una forma di civiltà e l’accettazione definitiva ed irrimediabile del fenomeno dello spopolamento, di una crisi economica irrimediabile e definitiva.
Per l’area, a nostro parere, va elaborato un piano avveniristico di ricostruzione che mantenga la presenza diffusa sul territorio dei borghi e del frazioni preesistenti in modo da creare le condizioni per riattivare le attività economiche che erano legate proprio alla presenza di queste strutture urbane, alle tipicità, ai valori architettonici tradizionali.
Naturalmente andranno contestualmente elaborate strategie innovative per creare le condizioni per il ripopolamento di queste realtà da tempo in condizione di abbandono.
Anche in questo caso andrebbe utilizzato lo strumento del Distretto delle Risorse e delle Testimonianze di Civiltà del Territorio che consentirebbe una valorizzazione sistemica delle risorse stesse.
E quindi mirare alla riscoperta e valorizzazione delle attività artigianali, delle produzioni di nicchia nel settore agroalimentare, dell’allevamento e della produzione lattiero casearia, dell’enogastronomia, della cura e manutenzione della aree boschive, dello sviluppo del turismo escursionistico e montano, della riscoperta e valorizzazione del patrimonio artistico ed in particolare di quello delle centinaia di chiese affrescate.
Studiando la possibilità di realizzare un affascinante albergo diffuso, prevedendo l’utilizzazione di parte delle strutture abitative ricostruite, non destinando le risorse solo alle seconde case utilizzate per pochi giorni nel corso dell’anno.
Insomma invece di una ricostruzione anonima e senza prospettive di sviluppo, una idea di sviluppo avveniristica che partendo dal passato miri al futuro.
E’ evidente, peraltro, la necessità dell’effettuazione di un’indagine documentata sulle attuali condizioni del territorio su cui si è abbattuta la violenza dei fenomeni sismici . Questa ricerca dovrà essere arricchita, peraltro, da riferimenti alla evoluzione negli ultimi tempi degli andamenti demografici delle comunità residenti nel territorio di cui trattasi; alle caratteristiche e alle tipologie edilizie dei borghi e delle realtà urbane dell’area; alle attività economiche, artigianali, agricole, commerciali delle comunità residenti nella zona evidenziandone le evoluzioni o involuzioni; alla presenza delle testimonianze artistiche, architettoniche ed urbane con documentazione fotografica delle condizioni attuali e di quelle precedenti al verificarsi degli eventi sismici; ai contesti ambientali e paesaggistici evidenziando i progetti già avviati per la loro valorizzazione fruizione e le potenzialità di nuove proposte; al numero di strutture residenziali per l’ospitalità turistica già presenti sul territorio evidenziandone le caratteristiche e le criticità al fine della individuazione di iniziative alternative ed innovative; al sistema infrastrutturale con le attuali criticità e l’esigenza di un fondamentale miglioramento a partire dalla realizzazione della Ferrovia dei Due Mari.
Questo lavoro di approfondimento dovrà riguardare anche e necessariamente anche il Centro Storico di Ascoli, dove non si sono verificati fenomeni di crollo, ma dove i danni al patrimonio edilizio e monumentale sono stati sicuramente notevolissimi aggravando la condizione di crisi e marginalizzazione già evidente e drammatica già prima del verificarsi dei terremoti.
Da qui la necessità di effettuare queste indagini complesse , svolgendo in realtà una vera e propria opera di supplenza.
Differentemente vedremo l’adozione dei soliti provvedimenti inutili se non dannosi.
E’ sperabile una concorde adesione a questa proposta per la creazione di un tavolo e di gruppi di lavoro.
Naturalmente rientra in questa progettualità di lavoro e proposta l’iniziativa già avviata dalla Sezione per la presentazione di una Proposta di Legge per l’effettuazione degli Studi di Fattibilità per la realizzazione dei Distretti delle Risorse e delle Testimonianze limitati alle Sette Province del Centro Italia, coinvolte nella drammatica sequela degli eventi sismici, dovendo ritenersi le due attività di ricerca e proposta complementari a tutti gli effetti.
Gaetano Rinaldi- Presidente della Sezione “William Scalabroni” di Ascoli Piceno.