ANCONA - Il contrasto ai cambiamenti climatici parte dalla buona gestione del territorio. E i parchi rappresentano il miglior modo per governarlo. Questo è stato il ragionamento alla base dell'ultimo incontro che si è tenuto a bordo del Treno Verde di Legambiente e RFI, che ha fatto tappa ad Ancona e che ha voluto lanciare un grido di allarme per il patrimonio naturale protetto delle Marche.
"Siamo molto preoccupati per la situazione che stanno vivendo le nostre aree protette in questi ultimi anni - commenta Francesca Pulcini, presidente di Legambiente Marche -. Riteniamo fondamentale riavviare quanto prima un percorso di condivisione e confronto con il territorio per procedere con una Riforma della legge regionale che sia moderna e in grado di raccogliere tutte le nuove esigenze e le opportunità che risiedono in una gestione virtuosa delle nostre aree parco. Proprio per questo riteniamo indispensabile e urgente riavviare la vita democratica del Parco del Conero, ritirando il commissariamento dell'Ente."
Durante l'incontro che a bordo treno, si è tenuto anche un flash mob organizzato dal circolo Legambiente "Il Pungitopo" di Ancona, che ha lanciato la campagna "SOS Conero" per alzare l'attenzione sullo stato critico in cui versa uno dei principali gioielli delle Marche.
Legambiente ha, inoltre, ribadito il grave stato dormiente in cui versa la costituzione dell'Area Marina protetta del Conero, una grande opportunità per dare al territorio una possibilità di sviluppo sana e generare turismo attento, sempre più richiesto dai cittadini.
Negli ultimi 50 anni l'azione antropica ha modificato gli ecosistemi con una velocità e un impatto senza precedenti; le cause principali sono state la crescente necessità di cibo, acqua dolce, legname, fibre e fonti energetiche. La conseguenza è la perdita irreversibile di biodiversità in tutto il pianeta. È stato valutato, infatti, che il 60% dei servizi ecosistemici del pianeta siano stati irreversibilmente compromessi (fonte MA). Questa tendenza va analizzata in relazione ad una sempre maggiore richiesta di servizi ecosistemici a livello globale.
Il principale limite, secondo numerosi economisti, risiede nella mancata valutazione dei servizi ecosistemici nei mercati, un gap che impedisce di quantificarli in termini comparabili ai servizi economici e ai prodotti industriali, cosicché non vengono neanche considerati nei processi di pianificazione politica e di governance.
In Italia le aree protette sono un patrimonio di straordinario valore, uno strumento attraverso il quale si è potuto tutelare e valorizzare i territori e preziose risorse quali biodiversità, paesaggio, acqua e suolo. Una condizione senza ombra di dubbio importante, ma che oggi ha bisogno di evolversi e considerare il capitale naturale un valore aggiunto sia in termini economici che sociali, delle vere e proprie infrastrutture della green economy e dei servizi ecosistemici.
Muoversi in questa direzione e raggiungere questi obiettivi è uno sforzo che si deve fare anche alla luce delle sfide climatiche ed ambientali che si pongono oggigiorno. In Italia c'è bisogno di raggiungere il 17% delle aree protette, attualmente siamo all'11%.
Nel territorio italiano i parchi sono stati motore propulsore di diverse realtà territoriali, le quali hanno dovuto misurarsi con politiche di sviluppo locale innovative basate sulla qualità ambientale. Nei quasi 4mila comuni interessati da aree protette o siti Natura 2000, risiedono oltre tre milioni di abitanti e sono presenti 300mila imprese che impiegano oltre 3milioni di lavoratori, che hanno generato un valore aggiunto di oltre 100miliardi di euro pari al 10.6% dell'intera economia del Paese.
Per accrescere questi risultati e trasformarli nella vera spinta economica del nostro Paese è necessario valorizzare fino in fondo il patrimonio naturale e fare scelte politiche che possano dare risposte occupazionali ai giovani che vivono queste aree. Inoltre, la valorizzazione di questi posti, si traduce anche in un riscatto dalla marginalità in cui spesso questo territori vivono.
"Al fine di conseguire questo obiettivo è necessario adottare misure di premialità e una fiscalità di vantaggio per le comunità locali che si fanno carico di sostenere la cura e la tutela del territorio – dichiara Antonio Nicoletti, responsabile nazionale aree protette e biodiversità di Legambiente - Occorrono investimenti economici che incrementino di almeno il 30% le risorse per la tutela del capitale naturale –
continua Nicoletti - al fine di raggiungere gli obiettivi previsti dalla Strategia Nazionale per la Biodiversità in coerenza con quella europea".
Uno degli strumenti a cui bisogna dare attuazione al fine di rafforzare e valorizzare il nostro capitale naturale è la Direttiva Habitat, che completa la struttura per rete Natura 2000. Si dovrebbero superare ritardi e procedure d'infrazione comunitarie e applicare immediatamente le recenti direttive comunitarie sul contenimento delle specie aliene e la realizzazione delle infrastrutture verdi.
A queste è necessario si affianchino misure concrete di conservazione e Piani di Azione per alcune specie a rischio (orso bruno, lupo, lontra, tartarughe marine, grifone etc...) e per altre specie che rischiano seriamente l'estinzione (es. delfino comune, tonno rosso, abete dei Nebrodi, pino loricato, etc..). Ad ogni modo è necessario riordinare la legislazione vigente affinché vi sia una tutela più intensa delle biodiversità, ma anche per fornire strumenti innovativi per la governance e la gestione delle aree protette, in particolare per le aree marine la cui legislazione è oramai antiquata e dovrebbe poter contribuire a raggiungere gli obiettivi della Marine Strategy per raggiungere entro il 2020 il buono stato ambientale (GES, GoodEnvironmental Status) per le acque marine.
fonte: Ufficio Stampa Treno Verde Legambiente