ROMA - Con la nota n. 7751 del 7 giugno scorso il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali ha risposto ad un importante quesito posto dalla Regione Friuli-Venezia Giulia, riguardante la nomina del presidente nelle associazioni del Terzo settore.
Nello specifico, è stato chiesto quale sia nelle associazioni del Terzo settore l’organo competente a nominare il presidente, ed in particolare se quest’ultimo possa essere nominato anche dall’organo di amministrazione (generalmente denominato “consiglio direttivo”). Inoltre, viene avanzata l’ulteriore e connessa richiesta di chiarire se il presidente debba o meno essere considerato un organo sociale e, nel caso in cui lo statuto non lo qualifichi come tale, se ciò possa essere in contrasto con il codice del Terzo settore e segnatamente con l’art. 25, c. 1, lett. a). Quest’ultimo rappresenta infatti il principale riferimento normativo, stabilendo che negli enti del Terzo settore costituiti in forma associativa la nomina e la revoca degli organi sociali compete all’assemblea.
La nota ministeriale propone una lettura costituzionalmente orientata di tale disposizione, frutto del bilanciamento, da un lato, del principio del pluralismo sociale e quindi della tutela della libertà organizzativa delle associazioni (articoli 2 e 18 della Costituzione), dall’altro del principio di democraticità, il quale è posto alla base del sistema di governance delle associazioni del Terzo settore. Da tale contemperamento deriva che la nomina degli organi sociali, e nello specifico del Presidente, in un Ets a base associativa deve trovare la sua fonte nella volontà dell’organo assembleare: ciò può avvenire sia in modo diretto (tramite elezione da parte dell’assemblea) che in modo indiretto (tramite elezione da parte di un organo comunque eletto dall’assemblea, quale è il consiglio direttivo).
Il Ministero in sostanza ammette che nelle associazioni del Terzo settore non sia solamente l’assemblea l’organo competente a nominare il presidente ma possa essere anche il consiglio direttivo, certificando e legittimando in tal modo una prassi assai diffusa e che è oggi disciplinata dagli statuti di molte organizzazioni.
L’importante è come detto che tale nomina sia comunque espressione della volontà assembleare, sia essa diretta o indiretta. Secondo la nota ministeriale sono quindi contrarie al principio della primazia assembleare le disposizioni statutarie che riservino la nomina del presidente ad una parte degli associati o ad un soggetto esterno, oppure che la affidino ad un’estrazione a sorte.
Nelle fattispecie in cui è il consiglio direttivo a nominare il presidente, la volontà assembleare si manifesterà in modo indiretto. Non sorgono problemi nei casi in cui tutti i componenti dell’organo di amministrazione siano eletti dall’assemblea. Nelle ipotesi in cui una minoranza dei componenti del consiglio direttivo sia invece nominata “di diritto” (da enti del Terzo settore o senza scopo di lucro, da enti religiosi civilmente riconosciuti o da lavoratori o utenti dell’ente, sulla base di quanto previsto dall’art. 26, c. 5 del Codice del Terzo settore), la nota afferma come la salvaguardia del principio di democraticità imponga che il presidente sia eletto tra i soli componenti di nomina assembleare.
Infine, si precisa che nei casi di elezione indiretta del presidente da parte del consiglio direttivo rimane anche in capo all’assemblea il potere di revoca nei confronti del presidente.
Una volta evidenziato come alla base dell’elezione del presidente vi sia il primato della volontà assembleare, in forma diretta o indiretta, la nota ministeriale chiarisce che la menzione o meno del presidente fra gli organi sociali previsti in statuto non assume alcuna rilevanza in merito all’argomento oggetto di trattazione.
Articolo di Daniele Erler Cantiere Terzo settore