“Il Saltarello? La mia passione che tramando con orgoglio”

Jessica Rossi fa parte dell’associazione culturale folklorica Ortensia. Nel suo racconto, da leggere e ascoltare, c’è tutto l’amore per la tradizione popolare marchigiana.
“Alcuni stornelli li ho appresi da mio nonno, altri dal mio ragazzo. Devo ringraziare loro se ho conosciuto il Saltarello e me ne sono innamorata”. Mentre ci racconta della sua passione per la tradizione popolare marchigiana, Jessica Rossi ha gli occhi che brillano.
Ventitré anni, di Massignano, nell’Ascolano, studentessa di Lingue e culture straniere occidentali e orientali, da un annetto la giovane fa parte di Ortensia, associazione culturale folklorica della Valle dell’Aso con sede a Ortezzano, nell’entroterra fermano.
Una predestinata, verrebbe da dire, visto che, tra canti e balli della tradizione locale, Jessica è letteralmente cresciuta. “Mio nonno – racconta la volontaria – ha sempre ballato e suonato l’organetto. In campagna, si metteva a cantare. Io gli chiedevo che cosa cantasse e lui mi diceva che erano le canzoni di quando era giovane. Allora, gli chiedevo di insegnarmele. Lo registravo e lui, a braccio, mi cantava questi stornelli sul mio paese, sulle donne, sulla vita di una volta. Quando ho incontrato il mio attuale ragazzo, sono entrata in prima persona in questo mondo. Anzi, mi ci sono buttata a capofitto. Ho imparato a cantare a Saltarello e a ballarlo. Penso di non volerlo mai abbandonare perché mi piace, mi dà energia, positività. Mi libera la mente”.
Tra Jessica e il Saltarello è stato amore a prima vista. “Avendolo sempre avuto in casa, ma non avendolo mai sperimentato, all’inizio ero un po’ titubante”, dice la giovane. “E, invece – prosegue –, è andata molto bene. Roberto (Governatori, il ragazzo di Jessica, ndr) mi faceva le “passate” (sketch musicali) e io ci cantavo sopra. Oggi, sono l’unica ragazza del gruppo che canta e, quindi, ogni volta che ci sono spettacoli in cui è richiesto il canto, sono sempre la protagonista”.
Prova dopo prova, esibizione dopo esibizione, Jessica si è inserita sempre più nel gruppo. “Fin dall’inizio, mi sono trovata benissimo. Abbiamo legato tanto. Ormai, è diventata una famiglia. Siamo una quarantina, di cui sei coppie grandi. Gli altri sono bambini. Quando dobbiamo preparare gli spettacoli e ci ritroviamo tutti insieme, si crea una bella atmosfera. Le bimbe spesso vengono ad abbracciarmi. Stanno lì, guardano, capiscono come devono fare il passo, ci riprovano. È un momento per imparare l’arte del Saltarello e per stare insieme. Poi, è come una discoteca, ma un po’ rivisitata: vieni qui, balli e ti diverti. Magari, dopo le prove, fai una bella chiacchierata. Che vuoi di più?”.
Divertimento sì, ma anche consapevolezza dell’importanza di tramandare tradizioni che, altrimenti, rischiano di andare perse. “Sarebbe un peccato”, spiega la ragazza. “E, poi – aggiunge –, è sempre bene conoscere le proprie origini, sapere da dove veniamo, com’era la vita di prima. Adesso, è totalmente diversa, però è bene ricordare. Ad esempio, ho partecipato a un ballo che si chiama “La vendemmia”. Ero dentro una tinozza e, mentre cantavo, le altre ragazze mi circondavano e buttavano l’uva all’interno. Io la pestavo, proprio come si faceva un tempo. L’abbiamo eseguito in una fattoria didattica dove c’erano dei bambini che hanno fatto tantissime domande. Quindi, è anche un modo per apprendere e imparare”.
Un impegno che a Jessica non pesa, perché “quando una cosa ti piace, la fai con gioia”, che incuriosisce e interessa chi ne sa poco o niente. “Mi capita – racconta – di dire ai professori che non sarò a una lezione perché impegnata in uno spettacolo, anche se solitamente vengono fatti nei weekend. È capitato che dovessi andare a Roma. Era pieno periodo di lezioni e ho detto al mio professore di Letteratura araba che non avrei potuto seguire le ultime due lezioni e lui, non essendo marchigiano, incuriosito, mi ha chiesto cosa fosse il Saltarello. Gliel’ho spiegato, gli ho fatto vedere alcune foto e, quando sono tornata, mi ha chiesto com’era andata”.
A Roma, lo scorso 16 ottobre, il gruppo Ortensia è stato per incontrare il Papa. “Inizialmente – spiega la ragazza –, dovevamo stare nel settore per i vari gruppi. Poi, io ho spinto per voler incontrare il Papa e, tra mille peripezie, alla fine siamo riusciti a farci accogliere. Abbiamo ballato e cantato. Lui batteva i piedi e le mani al ritmo del Saltarello. Era in sedia a rotelle, ma, nonostante tutto, si è divertito. Ci ha dato la benedizione. Ai bimbi ha dato tantissime caramelle. È stata la mia prima volta dal Papa e sicuramente sarà un ricordo indelebile”.
Come quelli di tutte le esibizioni fatte finora, durante le quali il gruppo riesce a instaurare un rapporto speciale con il pubblico. “Spesso – fa sapere Jessica –, come pezzo finale presentiamo la Raspa, un ballo di gruppo, e io e un’altra ragazza andiamo tra la gente per coinvolgerla. Così si diverte e resta con un bel ricordo. Perché il nostro non è solo uno spettacolo che guardi da spettatore, ma anche un momento per sperimentare e coinvolgere”.
Un legame fortissimo, quello della giovane volontaria con il folklore marchigiano, che definisce “di sangue”. “Mi ricorda la casa, quando da piccola mi mettevo vicino al fuoco con i miei nonni e gli chiedevo di raccontarmi come passavano le giornate prima. Io sono l’unica in casa ad aver ripreso la tradizione”. E ne va davvero orgogliosa: “Ormai è una parte di me. È l’altro lato della medaglia. Sono una studentessa molto seria e precisa. Parlo arabo e russo, però dall’altra parte c’è il dialetto, lo stornello. Due versioni di me”.
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