“Il mio contributo per far uscire i giovani dalla ‘bolla’”

Alice Manoni è la segretaria organizzativa nazionale dei Giovani delle Acli. In questa intervista, da ascoltare e da leggere, ci racconta la sua già lunga esperienza nel mondo del volontariato
Sono Alice, ho 26 anni e da vent’anni sono con l’anima, il corpo e la mente nel mondo del volontariato.
Una presentazione di sé più puntuale e sincera Alice Manoni non avrebbe potuto farla. Cresciuta a Ostra, nella provincia anconetana, dal 2021 la giovane è segretaria organizzativa nazionale dei Giovani delle Acli.
Un incarico nazionale a poco più di vent’anni, come l’hai vissuto?
Ero molto felice, ma neanche troppo consapevole di quello che mi sarebbe aspettato. Se ripenso all’organizzazione della mia prima Agorà (raduno giovanile, ndr), con 110 ragazzi a Catania, era tutto molto più grande di me, ma insieme siamo riusciti a portare a casa risultati concreti.
Partiamo dall’inizio.
Ho iniziato a sei anni con gli scout. A un certo punto, ho deciso di intraprendere un percorso locale di Azione cattolica, per poi impegnarmi nel luogo dove uscivo quotidianamente con i miei amici: il circolo Acli, la realtà che più rappresentava quel momento della mia vita. Sono diventata presidente del circolo di Pianello a vent’anni. Da lì, ho iniziato a impegnarmi a livello nazionale, a frequentare corsi di formazione e ho scoperto l’esistenza dei Giovani delle Acli, un movimento interno all’associazione. C’è stato un congresso e, a 23 anni, sono stata eletta segretaria organizzativa nazionale, ruolo che ricopro da quattro anni, dopo essere stata rieletta nel 2024.
Una continua ascesa.
Diciamo di sì. Nel frattempo, mi sono laureata in Scienze dell’educazione e, dopo alcune esperienze come educatrice, ho avuto l’opportunità di vivere la mia professionalità da un altro punto di vista. Oggi lavoro a Roma, nella formazione delle Acli nazionali: un percorso parallelo al volontariato giovanile, che rimane e a cui mi dedico di notte, il fine settimana, quando posso. Per ora è così, poi si vedrà. Ma il volontariato resterà una componente della mia vita. Non riesco a pensare a un’Alice senza.
Si parla spesso di crisi del volontariato giovanile, che idea ti sei fatta in base alla tua esperienza?
C’è un problema di fondo rispetto all’impegno civile e sociale delle nuove generazioni, ma anche delle altre. Io faccio parte di un gruppo giovanile, ho la fortuna di vivere questa esperienza a livello nazionale, quindi ho un quadro molto ampio e devo dire che le diverse situazioni vanno studiate, perché dipendono dalla conformazione, dalla storia e dalle caratteristiche dei territori. Se penso ai circoli Acli della provincia di Ancona, vedo che ci sono tanti giovani che si aggregano perché lo vogliono. Come si traduce, poi, quell’impegno è un grosso punto di domanda.
Cosa frena l’attivismo?
Forse sarò un po’ cruda nella risposta, ma chiediamoci: perché un giovane decide di fare volontariato? Perché qualcuno gli ha mostrato che, oltre all’impegno per lo studio e il lavoro, è possibile impegnarsi per stare bene, per fare bene insieme, per costruire una comunità. Chi fa volontariato ha avuto alle spalle o vicino persone che hanno testimoniato la bellezza di farlo. Penso anche alla mia storia personale, ai miei genitori che mi dicevano: “Vieni con noi”, e piano piano ti abitui e non puoi più farne a meno. Oggi, forse, manca chi trasmette questo tipo di valore e di esperienza. In più, le nuove generazioni hanno una serie di difficoltà e tendono a chiudersi. Hanno il desiderio di sentirsi utili, ma a volte non trovano qualcuno che li accompagna in questo percorso. Nella provincia di Ancona, nel 2024, mille giovani under 32 si sono associati alle Acli, ma non li conosciamo. È come se ci fosse una “bolla” da cui è difficile uscire. Bisogna trovare una modalità diversa per arrivare a loro. Noi ci abbiamo provato con Sanremo.
Sanremo?
L’anno scorso, parlando tra amici, abbiamo detto: “Perché non andiamo a Sanremo durante la settimana del festival?”. Tu dirai: “Che c’entrano le Acli con Sanremo?”. In realtà, c’è stato tutto un ragionamento dietro: le Acli sono un’associazione popolare e Sanremo è qualcosa di popolare. Tra gli sfarzi e le luci del palco, con alcune scuole abbiamo organizzato un progetto formativo di Erasmus+ e abbiamo vissuto una serie di esperienze molto forti, tra cui il “Cammino della morte”, il cammino che porta da Ventimiglia alla Francia, accompagnati da una guida che ci ha raccontato quello che tutti i giorni vivono i locali e le persone che, purtroppo, devono fare i conti con una realtà che non li accoglie. Quella settimana me la porto nel cuore.
Cosa ti rende felice?
Stare in mezzo ai ragazzi. Quando ci incontriamo, facciamo eventi, parliamo di mille cose, sento il cuore che mi esplode. Sono proprio felice. Magari sono stanchissima, ma quando sono lì e vedo che quella “bolla” pian piano inizia a rompersi, allora dico: “Forse, ce la facciamo”.
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